
Storica residenza aristocratica, Palazzo Arese Borromeo affonda le proprie radici nel XVII secolo quando Giulio I Arese decide di edificare un complesso eccezionale a Cesano Maderno, territorio della Pieve di Seveso divenuto possedimento della famiglia Arese dal XVI secolo. Il palazzo si configura come trasposizione in pietra del potere e della ricchezza della nobile famiglia lombarda.
Il progetto di Giulio I viene concretizzato dal figlio Bartolomeo III Arese; il cantiere prende avvio nel 1654 e, circa venti anni dopo, il palazzo doveva essere quasi concluso. E’ poi con Carlo Borromeo Arese che il Palazzo vive uno dei momenti di massimo fasto. Modifiche importanti sono state apportate al giardino e in diverse stanze anche da Renato III Borromeo Arese che, nel XVIII secolo, introduce elementi in stile rococò.
Il palazzo vive giorni di gloria fino all'occupazione austriaca: trasformato in caserma nel 1849, patisce, dopo il conflitto, anni di incuria e abbandono. Torna alla famiglia solo alla fine del XIX secolo, in seguito ad un’insurrezione popolare. Parzialmente restaurato da Guido Borromeo nel 1928, venne rilevato dall’amministrazione comunale nel 1987. Gli arredi originali traslati sull’Isola Madre nel Palazzo Borromeo.
Il complesso, dalla forma quadrangolare, ha preservato nella quasi totalità le sue caratteristiche originarie: una piazza esedra (ispirata ai teatri d’acqua) membrana di raccordo con la città e una corte d’onore caratterizzata da una loggia coperta al primo piano.
La facciata attuale è un tipico esempio della capacità edilizia lombarda di far coesistere magniloquenza e sottotono, desiderio di novità e riuso delle preesistenze. L’aspetto è molto sobrio; unico elemento di rilievo è il portale maggiore, che presenta lesene doriche sovrapposte a bugnato e un vasto balconcino settecentesco in ferro battuto. Varcato il portale di ingresso, una loggia genovese con tre doppie campate definisce il lato est della costruzione e affaccia sul giardino all’italiana. Negli spazi attorno al palazzo, organizzati attorno a tre cortili, si articolano quelli che erano gli alloggi per la servitù, i magazzini, le scuderie e le cantine con la ghiacciaia.
La semplicità architettonica esterna si contrappone alla ricchezza e allo sfarzo nella decorazione degli interni di palazzo, che aderiscono alla propaganda politica/iconografica di Bartolomeo III Arese. Degni di nota sono: la Sala Aurora; lo Scalone degli Stemmi, con la rappresentazione di 47 stemmi di casate nobiliari; il Grande salone dei ricevimenti noto come Salone dei Fasti Romani caratterizzato dagli eventi della storia di Roma; la Galleria delle Arti Liberali, che rende immortali le arti riprodotte innanzi alle quali è trasposto il personaggio storico che le “rese importanti”. E ancora le sale di Vulcano, della Monarchia, dei Giganti, la Sala di Semele, la Sala Neoclassica, la Galleria dei Centauri e il Ninfeo. Tra i maggiori artisti che lavorarono alla decorazione di palazzo si ricordano Ercole Procaccini il Giovane, Giovanni Ghisolfi, Federico Bianchi, Antonio Busca, Giuseppe Nuvolone e i fratelli Montalto.
Completa la tenuta aristocratica, sul lato est del palazzo, il giardino all’italiana. Impreziosito da due fontane monumentali e da numerose statue che rimandano al mondo classico, al suo interno presenta due strutture architettoniche di rilievo; il Tempietto del Fauno e la grande Uccelliera. Attualmente il giardino conserva il viale principale lungo l’asse loggia-fontana. Più ampio rispetto ai primi progetti, si estende su di un’area di poco inferiore ai 100.000 mq e costituisce uno dei polmoni verdi della città.